LA CRISI ECONOMICA: Gli indicatori economici, le mobilitazioni della scuola e quelle sindacali, tutte le più recenti ricerche sociali, rappresentano efficacemente lo stato di crisi generalizzata che il Paese e la Sardegna stanno attraversando; segnalano un preoccupante incremento della povertà e delle situazioni di esclusione sociale, un processo di de-industrializzazione (che nel caso sardo manifesta un nuovo apice nel recente blocco della produzione petrolchimica a Porto Torres) che produce quotidianamente migliaia di nuovi disoccupati. Siamo di fronte alla concomitanza fra la crisi strutturale di tutti i comparti dell'economia sarda e a una fortissima crisi internazionale, che rischia di produrre conseguenze drammatiche sul terreno della condizione sociale. Da una parte il governo nazionale propone un pacchetto di misure del tutto inadeguato a fornire risposte alla crisi sociale e prosegue, nonostante la conflittualità crescente, nella sua sua opera di sistematico smantellamento della Costituzione repubblicana (dai diritti del lavoro, al federalismo fiscale, alla riforma Gelmini); dall'altra (precisamente per questo) il ruolo della Regione e del governo democratico e progressista diviene un elemento di portata strategica, anche nella costruzione dell'opposizione al governo delle Destre. Perciò abbiamo il dovere di ripensare lo sviluppo e di costruire l'alternativa ai processi di impoverimento: a partire dall'Isola rappresentare una alternativa possibile all'ulteriore deriva a destra. La priorità va data al lavoro, al reddito, alla socialità. Perciò serve un intervento pubblico massiccio e straordinario di contrasto attivo della crisi, una vera e propria strategia di cittadinanza. La conferenza regionale per l'occupazione è stata un passaggio significativo di discontinuità, fortemente voluto dal Prc, che va nel senso della piena efficacia delle misure contenute nell'art.6 della finanziaria 2008. Dopo anni finalmente in Sardegna si torna a parlare di politiche attive del lavoro. Serve tuttavia uno sforzo ulteriore (anche questo è il messaggio della grande mobilitazione del 12 dicembre scorso) che tenga conto del mutato contesto economico: esso certamente richiama tutte le forze del centrosinistra sardo alla responsabilità politica ma anche all'esigenza di una nuova progettualità. Quella stessa crisi che oggi sta portando tutti i governi del mondo a rivalutare l'intervento pubblico in economia rappresenta anche una sfida per la sinistra, che va saputa cogliere sul piano generale come su quello locale. In questi termini la nuova fase che si è aperta rende del tutto evidente il valore strategico dell'art.13 dello Statuto d'Autonomia e del nuovo piano di Rinascita, come strumento concreto attraverso il quale ridisegnare lo sviluppo della Sardegna; su basi del tutto nuove. Un modello economico basato sulla piena valorizzazione, produzione e bonifica dell'ambiente, sulla ricerca e la sperimentazione nel campo dell'ecologia ha oggi (di fronte al grande tema dei cambiamenti climatici e agli altissimi tassi di inquinamento negli Stati di nuova industrializzazione) una potenzialità di sviluppo e un ambito “di mercato” di dimensioni internazionali. La Sardegna può diventare una “avamposto” in questo senso e questa è una delle sfide più grandi per la sinistra del XXI secolo. Su questa linea di demarcazione in definitiva può essere analizzato il conflitto interno al centrosinistra: fra una opzione innovativa e una concezione “tradizionale” dello sviluppo, centrata sull'edilizia, sul consumo di territorio e sull'industria pesante. Su questo spazio politico in Sardegna esistono le condizioni per ricostruire, assieme ad altri, una autonoma progettualità per l'alternativa di società.
LA SINISTRA IN SARDEGNA: Il tema dell'unità e della rinascita della sinistra politica è un elemento di primaria valenza politica e di straordinaria attualità (che sta nel Dna di Rifondazione Comunista) che non può essere rimosso né tuttavia semplificato attraverso scorciatoie organizzative ed elettoralismi; che va saputo agire con decisione nella ricerca politico-culturale e nell'elaborazione programmatica sulle grandi questioni legate alle politiche di sviluppo, all'ambiente, all'istruzione, alla comunicazione, ai saperi ed all'innovazione. In Sardegna come nel Paese c'è un urgente bisogno di sinistra. Le forme che essa assumerà, tuttavia, non possono essere consegnate ad altra sede se non quella della partecipazione democratica e della dimensione di popolo, senza le quali una nuova esperienza organizzata risulterebbe del tutto svuotata di significato. Il Prc in Sardegna, partendo dalle specificità culturali e politiche di questa terra, è interessato e intende essere vitalmente partecipe rispetto alle sperimentazioni (come quella della Sinistra Federale Sarda) che già si stanno producendo attorno a queste coordinate fondamentali; esperienze che provengono da ambiti di società e cultura esterni alle organizzazioni politiche esistenti. Un ambito di confronto a tutto campo per una nuova sinistra nella quale valga il principio della pluralità, della libera associazione e della piena democraticità (una testa un voto).
QUALE SBOCCO ALLA CRISI POLITICA: L'asprezza dello scontro politico in atto nel Pd, che allo stato attuale non pare trovare composizione, rende più che probabile il ricorso anticipato alle urne. Il Prc è consapevole sia della gravità della situazione politica che delle conseguenze che produrrebbe lo scioglimento anticipato del Consiglio regionale. Ritiene, tuttavia, che una prosecuzione della legislatura derivante da un accordo politico di basso profilo rappresenterebbe un danno decisamente più grave per l'Isola, contribuendo significativamente a un recupero del centrodestra, rischiando di far ricadere sui sardi le conseguenze di una ulteriore fase di “trascinamento” e di scontro interno.
In tal caso il Prc ritiene preferibile il ricorso alle urne. L'accordo possibile perciò non può che passare attraverso una verifica politica e programmatica a tutto campo ed attraverso la chiarezza. Quindi per il Prc: non è sufficiente il semplice accantonamento della legge urbanistica; non è ricevibile una sorta di “blindatura” della legge finanziaria 2009; è assolutamente fuori luogo, nelle attuali condizioni, l'insistenza sulle elezioni primarie ritenute “di coalizione”; una coalizione esiste solo se ha un programma e una politica. La crisi apertasi con il voto in aula ha determinato un vulnus precisamente su questo terreno; quindi l'alleanza autonomista, democratica e progressista va verificata ed eventualmente ricostruita dalle fondamenta.
In questi termini il Prc ritiene fondamentali 2 punti politici: La riaffermazione (senza alcuna ambiguità) del principio di corretta relazione fra sviluppo economico e uso del territorio. A partire dai valori contenuti nel Ppr: che vanno riconfermati, rafforzati, razionalizzati, estesi a tutto il territorio regionale; senza produrre alcun passo indietro rispetto alla normativa esistente. L'investimento in un modello di sviluppo innovativo di qualità sociale e ambientale. A partire dal lavoro e dalle necessarie misure economico-sociali di contrasto della crisi: reddito di cittadinanza, welfare locale, sistema regionale di ammortizzatori sociali, tutela delle fasce deboli della popolazione. Comitato Politico Regionale-Hotel Isa, 16/12/ 2008.
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